venerdì 15 dicembre 2017

Parchi per chi?


Con la Legge di Stabilità 2018 si istituiscono nuove Riserve Marine e nuovi Parchi Nazionali. Ma i problemi legati all'imbuto autorizzativo che si crea quando più Amministrazioni pubbliche devono esprimersi in merito ad un piano o ad un progetto, non vengono risolti. Con buona pace del "gradimento" verso le aree protette.



di Fabio Modesti



Faro di Punta Palascia (Otranto), il punto più ad Est d'Italia.


Parchi per chi? Questa domanda si ripropone sistematicamente ogni qual volta lo Stato e le Regioni si apprestano ad istituire una nuova area protetta. Nella Legge di Stabilità 2018 (approvata dal Senato ed ora all’attenzione della Camera dei Deputati) è prevista l’istituzione della Riserva Marina di Capo d’Otranto, in un tratto di mare prospiciente il Parco Naturale regionale Costa Otranto-S. Maria di Leuca. La disposizione della Legge di Stabilità statuisce, per l’avviamento della Riserva, lo stanziamento di 100.000 Euro per il 2018 e di 300.000 Euro a partire dal 2019. Inezie. Ma chi gestirà la Riserva statale di Capo d’Otranto? Chi armonizzerà la disciplina di tutela a terra ed a mare? Chi rilascerà autorizzazioni e poi nulla osta e pareri? Due soggetti giuridici diversi? La ragionevolezza avrebbe voluto che la disposizione di Legge sancisse anche che il gestore delle due aree protette fosse unico e cioè il soggetto che già ora gestisce il Parco regionale. Invece, nel testo approvato dal Senato, nulla si dice. Ed è qui che la pur condivisibile “ansia da area protetta” rischia di scontrarsi con la realtà. Le domande poste sono ineludibili e vanno date risposte subito, senza aspettare che ci si avvii, perché dopo può diventare troppo tardi. I “cittadini dei Parchi” (e di tutte le aree protette) hanno bisogno di sapere se la loro vita sociale ed economica troverà un ulteriore ostacolo oppure troverà una pubblica amministrazione amica.
Uno dei processi virtuosi che il Legislatore (nazionale e regionale) potrebbe attivare sarebbe quello di armonizzare e razionalizzare le procedure autorizzative in aree protette. Ricondurre al solo Ente gestore dell’area protetta tutte le funzioni relative ad aspetti che gli sono propri: autorizzazione paesaggistica, autorizzazione forestale, valutazione di incidenza e valutazione di impatto ambientale. Almeno queste. La vita degli imprenditori e dei cittadini nelle aree protette sarebbe diversa, migliore. Si ridurrebbe il rischio di corruzione e di concussione, vi sarebbe un solo soggetto responsabile di fronte alla legge e non dieci, venti funzionari che scaricano responsabilità su altrettanti. Ma lo Stato e le Regioni (la Regione Puglia in particolare) non ne vogliono sapere. Alla Regione Puglia la proposta è stata più volte presentata in particolare dal Parco Nazionale dell’Alta Murgia fin dal 2007. Mai accolta. Perché? Forse perché in questo modo si ridurrebbe il “potere negoziale” degli Enti locali? Un potere il cui esercizio è quanto mai pericoloso e, molte volte, privo di competenze, come purtroppo apprendiamo ogni giorno.
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La aree protette sono uno straordinario punto di osservazione di come va un territorio, di come si articola la società di quel territorio. Gestire un’area protetta (nel caso del sottoscritto un Parco Nazionale, quello dell’Alta Murgia, fino a qualche giorno fa) consente di sviluppare una capacità di sintesi e di selezione delle priorità straordinaria. Consente di intessere relazioni virtuose con i detentori di interessi grazie alle quali , in molti casi, non è necessario ricorrere alla disposizione ostativa ovvero alla repressione così da prevenire azioni contrarie alle finalità dell’area protetta e far sì che le attività economiche che lì si svolgono producano benefici per l’intero territorio protetto e finanche per territori più vasti. Producono i cosiddetti Servizi Ecosistemici di cui oggi tutti parlano senza sapere bene di che cosa si tratti.
Insomma, non basta mettere le bandierine su una mappa per affermare una potestà di legge, quella di istituire aree protette. Quella potestà (che sia esercitata dallo Stato oppure dalle Regioni e da altri Enti territoriali) deve affermare il buon governo dei territori e l’assunzione della responsabilità di rendere la vita delle persone migliore, con una pubblica amministrazione che sia loro vicina e non percepita come “lontana” e“nemica”, ulteriore carrozzone pubblico succhiasoldi.

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