domenica 27 dicembre 2015

 da "Gruppo di Intervento Giuridico onlus - Veneto" - 22 dicembre 2015






Ai cacciatori veneti piacciono le leggi incostituzionali






Schio, Monte Magrè, altane di caccia nel boscoSchio, Monte Magrè, altane di caccia nel bosco


Le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus – Veneto e Lega per l’Abolizione della Caccia onlus – sez. di Vicenza hanno inoltrato nei giorni scorsi specifica istanza al Governo nazionale con la richiesta di impugnare la legge regionale Veneto 1 Dicembre 2015, n. 20 davanti alla Corte costituzionale per palese violazione delle competenze statali costituzionalmente garantite (art. 127 cost.).

Infatti, sul Bollettino Ufficiale Regionale n. 114 del 04/12/2015 è stata pubblicata la legge regionale “Appostamenti precari ad uso venatorio” in cui sono previste disposizione che tendono a liberalizzare gli interventi edilizi finalizzati all’attività venatoria in forma di appostamenti temporanei di lungo periodo con previsione di semplificazioni procedurali, esentando gli appostamenti per la caccia (capanni, altane) dall’ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e dal titolo abilitativo urbanistico-edilizio (D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.), in evidente contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia di governo del territorio e in materia di ordinamento penale.
Si ricorda, infatti, che la Corte costituzionale, nell’interpretazione del principio della riserva di legge in materia penale (art. 25, comma 2., cost.), ha costantemente affermato il “monopolio” del legislatore statale (es. Corte cost. n. 487/1989).
altana di caccia nel Vicentino
Altana di caccia nel Vicentino
Già nel 2013 la Corte costituzionale si era occupata della legge regionale 6 luglio 2012, n. 25 che aveva lo scopo di liberalizzare la costruzione degli appostamenti di caccia, il tutto per favorire il mondo venatorio. Con la sentenza n. 139 del 13 giugno 2013 la Corte ne aveva dichiarato l’incostituzionalità e respinto al mittente questo ennesimo pasticcio legislativo.
contro altane caccia

da Governo del Regno Unito "Dipartimento Ambiente, Affari Alimentari e Rurali, Natural England e Sottosegretario di Stato per gli Affari Alimentari e Rurali, Rory Stewart" - 27 dicembre 2015





In primavera aperto al pubblico il sentiero sul più lungo tratto di costa dell'Inghilterra







Lavori in corso per aprire metà del sentiero costiero, parte del più ampio circuito che il governo di Sua Maestà prevede di completare lungo tutta la costa inglese. L'annuncio del Sottosegretario agli Affari Rurali, Rory Stewart, segna l' ultima pietra miliare nella consegna di una dei sentieri più lunghi del mondo. Il percorso lungo tutta la costa inglese si svilupperà attraverso 2.700 miglia (più di 4.300 chilometri). Già ora è possibile esplorare 101 miglia della spettacolare costa inglese attraverso il percorso in Cumbria, Durham, Dorset e Norfolk, con ulteriori 95 miglia di nuovi percorsi da attivare nel Kent e Somerset in primavera. Il lavoro procede a stretto contatto con Natural England, con l'obiettivo di completare il percorso costiero intorno all'Inghilterra entro il 2020. Passeggiare nella campagna inglese è un bene per la salute delle persone e per il benessere e il maggiore accesso al litorale britannico - sostiene il governo inglese - apporta enormi benefici sia per il contatto con la natura che per l'incremento del turismo locale. Il turismo è estremamente importante per l'economia rurale, contribuendo per circa 11 miliardi di sterline ogni anno (circa 14,8 miliardi di Euro) - e, attirando ancora più visitatori ad esplorare il litorale "iconico", il governo inglese si aspetta che il percorso cosiero possa beneficiare ancora più le aziende locali come pub e alberghi.

Per saperne di più:

domenica 15 novembre 2015

da "La Gazzetta del Mezzogiorno" - 15 novembre 2015 - di Giuseppe Armenise





Puglia, la criminalità
uccide i cani da tartufo





Importante articolo del principale quotidiano pugliese che svela retroscena preoccupanti e raccapriccianti per la raccolta dei funghi ipogei che vengono definiti "eccellenza" italiana. Il Parco Nazionale dell'Alta Murgia regolamenta l'afflusso di cercatori che invadono l'area naturale protetta da tutta Italia.





Vere e proprie organizzazioni criminali, che piovono in Puglia dalle regioni dove i controlli sono più stringenti e sono disposte a uccidere pur di guadagnarsi il monopolio del mercato dei tartufi. È quanto accade da qualche tempo nelle aree boscate della regione dove la riforestazione voluta negli anni ‘70 ha portato con sé anche una proliferazione di tartufo anche di una certa qualità tra specie «Bianchetto» nelle zone riforestate a conifere e «Scorzone» in quelle a latifoglie come le querce. Ad attirare l’attenzione della criminalità il volume d’affari che gira intorno al prezioso fungo.

Wurstel con chiodi per i cani dei cercatori di tartufi avversari
La settimana scorsa, giusto per avere un termine di riferimento, in Puglia è stato aggiudicato un pezzo da mezzo chilo a duemila euro. E pensare che non siamo nelle Langhe o in Toscana, patrie del tartufo. Qui da noi, il prezzo lo batte il mercato di Policoro. Si parte comunque da una base di 200 o anche 300 euro a chilogrammo in base alla qualità. Maggiore è la pezzatura del singolo tartufo, maggiore è la valutazione sul mercato.
Quelle che piovono dalla Campania ma ancora di più dal Lazio, dalla zona di Frosinone, sono bande disposte a tutto, anche a eliminare la principale (e indispensabile) «bussola» di qualsiasi tartufaio, ovvero i cani. Cani speciali (il «Lagotto» è il più quotato), con un super olfatto, che a loro volta costituiscono un investimento pesante, perché un esemplare da tartufo costa anche un paio di decine di migliaia di euro. Cani che sono adescati con polpette avvelenate rivestite di maionese o con wurstel ripieni di chiodi che si infiggono nella bocca dei poveri animali, provocandone il soffocamento. È già successo più di una volta.

Cercatore di tartufi con i suoi cani di cui un lagotto
I tartufai «legali» protestano e chiedono che siano fatti più controlli per evitare a queste orde criminali di compiere tali efferati delitti. Di controlli abbisogna adesso anche il parco nazionale dell’Alta Murgia che da domani comincerà a ricevere le domande per le autorizzazioni previste dalla nuova legge regionale in materia. I controlli sarebbero necessari a difesa della tutela degli ecosistemi messi a repentaglio dalle modalità poco corrette utilizzate per la raccolta effettuata per la maggior parte con piccole zappe, ma senza mai poi provvedere a ricoprire la fossetta dalla quale si estrae il tartufo. C’è anche un questione relativa alla disponibilità del fungo. La raccolta dei tempi di «vacche grasse» poteva arrivare anche a un massimo di 10-11 chilogrammi al giorno. Oggi, spiegano dal parco, non si superano i quattro chilogrammi.
L’ente parco, non essendoci cifre ufficiali alle quali fare riferimento ha deciso, per tutti questi motivi, di contingentare a 70 il numero di autorizzazioni rilasciate. Tanto più occorrerà aumentare il livello dei controlli posto che le «calate dei Lanzichenecchi» dei tartufi farebbero lievitare presumibilmente a 200 o 300 le presenze stagionali. Ciascuna, visto quello che prevede la legge regionale pugliese, con due cani a seguito.

domenica 8 novembre 2015

da "The Sacramento Bee" - Novembre 2015





Guai per i granchi della California.

Colpa del cambiamento climatico?




La California ritarda la stagione di pesca del granchio Granciporro (Cancer magister) a causa delle massicce fioriture algali. La temperatura dell'acqua record genera record di alghe e livelli massimi di tossine. Secondo il giornale californiano, il cambiamento climatico ed El Niño "cospirano" sconvolgendo la vita marina.





Come un messaggio in bottiglia, la prova che qualcosa di molto grave si stesse sviluppando per tutto l'anno nell'Oceano Pacifico è arrivata sulle coste della California. Tempeste ordinarie si sono trasformate in "mostri" come, la scorsa settimana, l'uragano Patricia. Il pesce luna tropicale si è manifestato sulle coste dell'Alaska e i granchi rossi della Baia si sono spinti fino alle spiagge a Nord, Contea di Monterey. Ora, tra le elevate temperature dell'acqua nel Pacifico, un record di foiritura algale galleggia, come una eruzione cutanea dovuta al calore, lungo la costa occidentale da Santa Barbara a Seattle, generando concentrazioni record della neurotossina acido domoico. Naturalmente secreta da un tipo di alga chiamata Pseudonitzschia seriata, l'accumulo di acido ha avvelenato centinaia di leoni marini a Sausalito e si sospetta abbia provocato anche la morte di balene nel Golfo dell'Alaska.

Pseudonitzschia seriata

Fonte: ISPRA/www.regione.emilia-romagna.it/crm
Questa settimana, la preoccupazione ha ancor più assediato i californiani dopo che Funzionari statali della Sanità hanno emesso un avviso sorprendente: i granchi catturati lungo la costa occidentale sono troppo tossici per essere mangiati. La stagione di pesca del granchio Granciporro (Cancer magister), che era stata aperta per i dilettanti sabato 7 novembre e per i professionisti commerciali il 15 novembre, è stata posticipata a giovedi 19 dalla California Fish and Game Commission, fino a nuovo avviso; notizia potenzialmente disastrosa. La pesca di granchi nella West Coast ha generato lo scorso anno 70 milioni di dollari (circa 64,5 milioni di Euro) per i pescatori commerciali. I pescatori professionisti di granchi, ricavano la maggior parte del loro reddito trasportando i molluschi freschi, che sono una tradizione gastronomica da generazioni, a dicembre presso i ristoranti della Bay Area e del Nord della California. Ma la sicurezza prima di tutto: una lieve intossicazione da pesce può comportare per un essere umano giorni con crampi addominali, vomito e diarrea; nella sua forma più grave, può causare danni al cervello ed anche la morte.

dal "Gruppo d'Intervento Giudirico onlus" - 02 novembre 2015





Non scherziamo sui Grifoni sardi!





Nella foresta demaniale dei Sette fratelli, nella Sardegna sud-orientale, un cartello informativo non rende giustizia agli splendidi uccelli necrofagi autoctoni. 






Foresta demaniale "Sette Fratelli", cartello informativo sul Grifone (ottobre 2015)
Foresta demaniale “Sette Fratelli”, cartello informativo sul Grifone (ottobre 2015)
Foresta demaniale dei Sette Fratelli, gestita dall’Ente Foreste della Sardegna, una mattina di ottobre 2015.
Una splendida foresta mediterranea, con i colori, i suoni, gli odori della Terra e della Natura.
Un cartello posto su uno dei sentieri attira l’attenzione: “Il Grifone … Areale di distribuzione: oggi è presente solamente nella Sardegna costiera Nord Occidentale, tra Bosa e Capo Caccia. Gli esemplari presenti in Sardegna sono stati importati dalla Spagna e dalla Francia.
Grifone (Gyps fulvus)
Grifone (Gyps fulvus)
“… importati dalla Spagna e dalla Francia”?   Ma da dove salta fuori questa “perla” d’informazione?
Grazie al Cielo, il Grifone (Gyps fulvus) è autoctono, la colonia nidificante fra Bosa e Alghero c’è da sempre.
Come ricorda lo stesso sito web istituzionale Sardegna Foreste“nel 1987 e 1989 con un progetto di ‘Restocking’ effettuato in collaborazione dalla L.I.P.U. (Lega Italiana Protezione Uccelli) e dalla Regione Sardegna, sono stati immessi nel Monte Ferru di Cuglieri 36 Grifoni provenienti dalla Spagna e dalla Francia.
Gli esemplari immessi nel Montiferru (pochi, diversi sono rimasti per anni nella voliera) sono confluiti nella colonia che nidifica sulle alte coste di Bosa.
Per cortesia e per decenza, correggete quel cartello…

Parco Nazionale dell'Alta Murgia






A breve le prime guide ufficiali del Parco






AVVISO PUBBLICO PER INDAGINE DI MERCATO FINALIZZATA AD INDIVIDUARE GLI ENTI FORMATORI INTERESSATI A PARTECIPARE ALLA PROCEDURA DI AFFIDAMENTO PER LA REALIZZAZIONE E GESTIONE DEL "CORSO DI QUALIFICAZIONE PROFESSIONALE PER IL RILASCIO DEL TITOLO UFFICIALE ED ESCLUSIVO DI GUIDA DEL PARCO NAZIONALE DELL’ALTA MURGIA".


L'Ente Parco Nazionale dell’Alta Murgia, in esecuzione dell'articolo 14, comma 5, della Legge Quadro sulle aree protette n. 394/91, “iniziative per la promozione economica e sociale”, d’intesa con la Regione Puglia, ha intenzione di organizzare uno specifico corso di formazione al termine del quale rilasciare il titolo ufficiale ed esclusivo di “Guida del Parco Nazionale dell’Alta Murgia”. Per l’attivazione, realizzazione e conclusione di tale percorso formativo, l'Ente Parco intende affidare a soggetto accreditato, ente di formazione, l'organizzazione e la realizzazione delle attività di seguito sintetizzate: 1) bandire un concorso per titoli (valutazione dei curricula) ed esami (valutazione a seguito di colloquio motivazionale) per selezionare al massimo 15 Partecipanti. 2) Al termine della procedura di selezione, avviare il corso di formazione seguendo il documento contenente il programma e le linee guida elaborati dall'Ente Parco, allegato in bozza al presente Avviso, provvedendo in particolare ad individuare il corpo docente, le location e l'organizzazione dell'esame finale. 3) disbrigo di tutte le pratiche amministrative per il perfezionamento delle procedure. Per partecipare al presente avviso pubblico, gli operatori interessati dovranno presentare la seguente documentazione: o curriculum in carta semplice delle attività svolte; o dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione dalla partecipazione a procedure di affidamento ai sensi dell'art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006; o dichiarazione di regolarità della posizione aziendale ai fini contributivi (DURC) con indicazione del codice matricola INPS; o PREVENTIVO DI SPESA con dettaglio delle voci di costo per singola attività, nei limiti in cui è possibile, articolato sulla base delle linee guida elaborate dall'Ente Parco. La documentazione dovrà pervenire a mezzo posta elettronica certificata all'indirizzo: affari generali@pec.parcoaltamurgia.it entro e non oltre il 23/11/2015. Con il presente avviso non è posta in essere alcuna procedura concorsuale o di affidamento, costituendo esclusivamente richiesta di informazioni a scopo di indagine di mercato preliminare ad una successiva selezione per l’acquisizione del servizio. Il Responsabile Unico del Procedimento è la Dott.ssa Annabella Digregorio, tel. 080/3262268.

Le linee guida per la partecipazione alla manifestazione di interesse scaricabili qui:


da "Corriere del Trentino" - 08 novembre 2015 - di Marika Giovannini





Quando essere patrimonio UNESCO può far male





Nel Parco Naturale Regionale di Paneveggio-Pale di San Martino, l'Ente di gestione sta realizzando un'opera quantomeno discutibile, che ad un privato non sarebbe stato concesso realizzare, voluta dalla Fondazione Dolomiti Unesco. Un vero pugno nello stomaco.











lunedì 26 ottobre 2015

da "The Independent" - 26 ottobre 2015 - di Olivia Blair





Gli inglesi vincono una battaglia contro gli scoiattoli grigi. Ma solo una battaglia.






Scoiattoli grigi ormai estinti in Anglesey, nel Galles del Nord, dopo 18 anni di campagne di abbattimenti.





Un'isola nel Regno Unito, ha eliminato gli scoiattoli grigi (Sciurus carolinensis), con l'obiettivo di proteggere la popolazione di scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris). Anglesey, Galles del Nord, si è dichiarata libera della variante grigia della specie all'inizio di quest'anno, non avendo visto uno scoiattolo grigio dal 2013. L'isola ha raggiunto questo status dopo 18 anni di campagne di abbattimenti, che vengono ora estesi alla vicina contea Gwynedd sotto l'egida della Heritage Lottery Fund.
Il dottor Craig Shuttleworth, consulente della Red Squirrel Survival Trust (l'Associazione per la sopravvivenza della scoiattolo rosso) ha detto alla BBC: " Gli scoiattoli grigi sono animali invasivi e che semplicemente non dovrebbero essere qui. Il progetto "scoiattolo rosso" ha agito come una cartina di tornasole per gli abbattimenti di altre specie invasive. Se non avessimo potuto avere successo con questi simpatici animali e pelosi, che speranza ci sarebbe per specie meno attraenti?".
Tuttavia, molti ritengono l'abbattimento di scoiattoli grigi crudele e ingiusto. Angus Macmillan - che ha iniziato una petizione per fermare la mattanza e ha raccolto 140.000 firme, ha dichiarato alla BBC: "Io ritengo che sia moralmente sbagliato uccidere i membri senzienti di una specie per proteggere i membri di un altra solo perché considerata aliena".
Gli scoiattoli grigi sono arrivati nel Regno Unito dagli Stati Uniti nel XIX secolo. Si ritiene che siano stati portatori di parapoxvirus che colpisce direttamente ed in modo letale le popolazioni di scoiattolo rosso  che hanno pochi anticorpi per combattere il virus. La popolazione degli scoiattoli grigi nel Regno Unito è di circa cinque milioni di esemplari, mentre quella di scoiattoli rossi è compresa tra 120.000 e 140.000 esemplari. Il 75 per cento di scoiattoli rossi sono in Scozia.

domenica 25 ottobre 2015

da "La Nuova Sardegna - ed. Sassari" - 25 ottobre 2015







L'Isola di Budelli resta privata. Ecco perché.







Il Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena aveva opposto il diritto di prelazione alla vendita dell'isola tra privati. Ma non poteva farlo in assenza del Piano per il Parco. Un'ovvietà che il Consiglio di Stato aveva sancito ad aprile scorso. Ma si ripropone il problema dei Piani per i Parchi Nazionali che giacciono anni nei cassetti delle Regioni per essere approvati.






Lentezze e burocrazia hanno consegnato il paradiso della sabbia rosa allo straniero. La battaglia di Budelli è stata vinta da Michael Harte sfruttando abilmente un cavillo, facendo leva su un aspetto rivelatosi fatale dal punto di vista di chi teme per l’integrità della mitica località resa celebre da un film: l’assenza di un piano del parco in vigore. Lo rivela Gian Domenico Tenaglia, il legale dell’avvocatura dello Stato che davanti al Tar aveva difeso gli interessi del Parco della Maddalena, deciso a strappare l’isola al manager neozelandese facendo valere il diritto di prelazione.
Quindi la decisione del Consiglio di Stato che dava torto all’Ente presieduto da Bonanno. Tenaglia è categorico: «La battaglia è persa, Harte è il nuovo padrone di Budelli. Tornare indietro sarà un’impresa impossibile». L’avvocato va avanti. Spiega che il giudice per le esecuzioni fallimentari del tribunale di Tempio non ha potuto fare altro che prendere atto e adeguarsi al Consiglio di Stato. «L'isola era oggetto di proprietà privata, apparteneva alla società Nuova Gallura, la quale aveva molti debiti; quando è fallita, i suoi creditori hanno venduto all'asta l’isola, che è stata comprata da Harte. L’Ente Parco ha esercitato il diritto di prelazione che le spetta secondo la legge 394/1991, quando un bene di interesse ambientale oggetto di proprietà privata viene venduto: pagando la stessa cifra dell’acquirente il Parco può diventarne proprietario. L'Ente l'ha fatto, bloccando l’operazione del neozelandese, ma Harte ha avviato una causa amministrativa, finita davanti al Tar, che ha respinto il ricorso, ritenendo soddisfatte tutte le condizioni richieste dalla legge».Harte a questo punto ha fatto ricorso al Consiglio di Stato: «Qui gli interessi del Parco erano curati dai colleghi dell’avvocatura generale di Roma, e Harte ha vinto facendo leva su una questione formale: l'Ente Parco non ha ancora un piano del parco, o meglio l'ha approvato ma non è ancora efficace (giace sui tavoli della Regione, in attesa di ulteriori passaggi, ndc). Il giudice di Tempio in sede di esecuzione, ha tratto le conseguenze inevitabili, essendo la prelazione stata giudicata illegittima dal giudice amministrativo».Insomma, per Tenaglia la sorte della causa era segnata. «Peccato, perché 
Giuseppe Bonanno - Presidente
Parco Naz.le Arcipalego di La Maddalena
l'Ente Parco aveva in progetto diverse belle cose da fare – commenta il legale –. Ma c’è da dire che Harte si è presentato come un appassionato di cose ambientali, un benefattore, e non resta che da sperare che faccia bene: i vincoli d’altronde risultano dalle norme, limitano le prerogative del proprietario. Budelli resta un bene supervincolato».
Vincoli che però sono stati di recente allentati: «Anche se non è stata riconosciuta la protezione massima, come il Presidente Bonanno chiedeva – dice Tenaglia – , i nuovi proprietari potrebbero fare ben poco, solo cose compatibili col grandissimo interesse ambientale dell'isola. Certo non potrebbero mettere in pericolo la Spiaggia rosa, dato che in tutti questi anni il parco ha lavorato sulla rigenerazione della sostanza che la rende tanto particolare. E penso che non sia nemmeno nelle intenzioni del signor Harte creare danni ambientali. Speriamo in una collaborazione».

Ancora sull'immissione di cinghiali da parte dei "cacciatori" - da "Gruppo di discussione italiano sulla ricerca faunistica" vertebrati@liste.cilea.it






Cinghiali allevati per la caccia sotto casa. #2
Una riflessione di Giuseppe Bogliani*.







Giuseppe Bogliani
Se, come me, vi siete chiesti più volte: “poiché il cinghiale si era estinto in gran parte delle foreste europee con la diffusione delle armi da fuoco ad avancarica, come mai non si riesce a ridurne drasticamente il numero o a eradicarlo oggi, quando agiscono squadre dotate di armi ben più efficienti, di radioriceventi, di mezzi fuoristrada, di cani addestrati, in aree ad agricoltura intensiva nelle quali le aree di rifugio sono isolate e per nulla impenetrabili?”.
Succede per esempio nell’Oltrepo Pavese collinare, occupato in gran parte da vigneti intensivi, con pochi boschi sparsi; oppure in Lomellina, area di risicoltura intensiva con pochissime aree boschive, in gran parte aree protette.
Giaggiolo siberiano (Iris sibirica)
Un pensiero maligno lo avevo fatto più volte, soprattutto sentendo i racconti di alcuni conoscenti e consapevole dello “spessore” etico e tecnico di taluni “gestori” locali della fauna.
La presenza del cinghiale in zone intensamente coltivate, densamente abitate e solcate da strade, sta creando vari problemi in termini di danni a coltivazioni (vigneti, risaie) e rischio per le persone (quotidiani gli incidenti stradali). Aggiungo che il danno ad alcune specie vegetali e a parte della mesofauna del suolo è localmente gravissimo (pressocché estinta la popolazione un tempo localmente comune di Iris sibirica; danneggiate molte delle 38 specie di orchidee della zona); ma di quest’ultimo aspetto non importa nulla a nessuno.
Oggi il quotidiano locale da’ la notizia che mi aspettavo: la polizia provinciale (in verità sono i benemeriti agenti caccia e pesca in fase di smantellamento), hanno localizzato quattro allevamenti in un’area fra le più interessanti per i vigneti DOC dello spumante. A parte il "buon gusto" di sparare da altane ad animali in recinto (leggete la descrizione), sono state accertate liberazioni deliberate di animali “pronta caccia” anche fuori dai recinti.
Questo conferma la mia idea: se si vuole eliminare il cinghiale dalle zone non vocate, occorre vietarne la caccia in modo totale in quelle aree e affidare l’abbattimento alle sole guardie provinciali. Niente selecontrollori, altrimenti la giostra ricomincia a girare come ora.

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* Professore Associato di Zoologia presso il Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Ambiente dell'Università degli Studi di Pavia

da "La Provincia Pavese" -  24 ottobre 2015




Cinghiali allevati per la caccia sotto casa. #1

Ecco chi crea i problemi.




Allevamenti abusivi che hanno portato i cinghiali in zone in cui un tempo erano sconosciuti, come la Lomellina. 





Quattro allevamenti abusivi di cinghiali scoperti dalla polizia provinciale, che ha denunciato i proprietari. A quanto sembra uno degli allevamenti era addirittura una riserva di caccia privata a pagamento: come nei laghetti per la pesca sportiva. I quattro recinti sono stati trovati nei territori comunali di Canneto Pavese, Montesegale, Stradella e Rocca dè Giorgi. Quest’ultimo, in particolare, aveva tutte le caratteristiche della riserva di caccia privata, a cominciare dall’estensione: sei ettari e mezzo. Gli uomini del comandante Mauro Maccarini nei giorni scorsi hanno effettuato una serie di controlli mirati a verificare l’esistenza di recinti illegali di animali selvatici, in particolare ungulati (come i cinghiali e i caprioli). Durante il blitz gli agenti hanno trovato quattro recinti irregolari, sequestrando 20 cinghiali. I proprietari dei recinti sono stati denunciati alla procura di Pavia per violazione delle leggi sul commercio di specie animali e vegetali in via di estinzione, e per violazione delle norme per la commercializzazione e detenzione di esemplari di mammiferi e rettili che possono costituire un pericolo per la salute e l’incolumità pubblica. Reati che vengono sanzionati con importi che variano da un minimo di 15 mila euro a un massimo di 300 mila euro. In due dei recinti sequestrati gli agenti hanno trovato delle gabbie-trappola: un mezzo di caccia non consentito. I proprietari hanno ricevuto una multa di 1549 euro, con denuncia penale, cui è stata aggiunta un’altra violazione penale per «caccia in periodo di divieto generale». In questo ultimo caso le ammende vanno da un minimo di 929 euro a un massimo di 2582 euro. Altre sanzioni sono state elevate per violazione del regolamento regionale sugli allevamenti di fauna selvatica. «Questi allevamenti abusivi - spiegano le associazioni ambientaliste - sono uno dei motivi che hanno portato i cinghiali in zone in cui un tempo erano sconosciuti, come la Lomellina. Sono alcuni cacciatori poco scrupolosi a
Altana per la caccia in Veneto
immetterli in modo illegale sul territorio, per poter andare a caccia vicino a casa. E’ un business redditizio. I cinghiali sono molto fertili: una femmina può fare 12 piccoli all’anno. Con tre coppie di cinghiali dopo un anno possiamo avere più di 40 esemplari. Tutti sanno che questi animali non sono destinati alla macellazione in proprio». La legge vieta di allevare cinghiali per immetterli sul territorio. Le gabbie sequestrate quindi servivano per catturare cinghiali nel territorio e portarli negli allevamenti, dove farli riprodurre. La caccia al cinghiale si fa in due modi: con le squadre e i cani (al massimo 15 cacciatori) o in altana (una specie di torretta, per sparare agli ungulati dall’alto). Nel recinto di Rocca de Giorgi, un boschetto con un’estensione pari a una decina di campi da calcio, c’erano diverse altane: segno inequivocabile del fatto che la caccia veniva praticata lì dentro, da cacciatori che pagavano per farlo.

lunedì 19 ottobre 2015

da "Le Scienze - Scientific American" - 15 ottobre 2015





Un mammifero tra i dinosauri






Scoperto in Spagna, nel sito di Las Hoyas, i resti di un piccolo mammifero, simile all'attuale opossum, vissuto circa 125 milioni di anni fa.






Spinolestes xenarthrosus: con questo nome scientifico è stato battezzato il mammifero scoperto nel sito di Las Hoyas, in Spagna, vissuto circa 125 milioni di anni fa e descritto in un articolo pubblicato su "Nature" da Thomas Martin dell'Università di Bonn e colleghi spagnoli e statunitensi.
L'animale classificato come appartenente all'antico ordine dei triconodonti e simile per anatomia e dimensioni ad alcune attuali piccole specie di opossum, presenta resti di pelo e di tessuti molli in un eccezionale stato di conservazione, soprattutto considerando che sono queste le prime strutture anatomiche a degradarsi con il tempo.
L'analisi di S. xenarthrosus getta dunque una luce sulla notevole diversificazione dei primi mammiferi, durante l'era Mesozoica, tra 252 milioni e 66 milioni di anni fa, quando a dominare sulla terraferma erano i dinosauri. In questo periodo emersero le caratteristiche peculiari del mammiferi che si rivelarono poi il requisito fondamentale per il loro successo evolutivo dopo l'estinzione dei dinosauri avvenuta 66 milioni di anni fa.
Spinolestes xenarthrosus, un mammifero tra i dinosauri
Ricostruzione dell'aspetto di Spinolestes xenarthrosus (Oscar Sanisidro)

Il reperto descritto da Martin e colleghi è formato dallo scheletro completo e dalle tipiche caratteristiche anatomiche dei mammiferi, come pelo lungo, sottopelo, orecchio esterno e diverse strutture cutanee del dorso, tra cui minuscole spine, di spessore inferiore a un millimetro, simili a quelle dei ricci e di altri mammiferi attuali. Secondo l'analisi dei ricercatori, alcuni tessuti soffici fossilizzati del torace e dell'addome potrebbero essere i resti del muscolo diaframmatico.
Complessivamente, il reperto rappresenta la più antica testimonianza fossile, anteriore di ben 60 milioni di anni rispetto a quella nota finora e ben all'interno del Mesozoico, non solo della pelle e del pelo, ma dell'intero apparato tegumentario dei mammiferi, cioè dell'insieme delle strutture anatomiche deputate al rivestimento, alla secrezione e alla protezione dell'organismo.






Un altro reportage di Maurizio Bolognetti (Radicali Lucani)






Il suicidio delle carpe del Pertusillo






Pesci morti nell'invaso del Pertusillo e, a poca distanza il centro olii ENI della Val d'Agri. Come e perché le carpe siano morte è ancora un mistero almeno dal 2010...







domenica 18 ottobre 2015

da "The Independent" - 18 ottobre 2015 - di Alexander Sehmer





Esemplare di maschio di Alce (Alces alces)

Ai cacciatori piace la preda facile




Nel Nord della Norvegia un gruppo di cacciatori abbatte due alci ma si rende conto di averlo fatto in uno zoo!




In Norvegia un gruppo di cacciatori ha ucciso due alci prima di rendersi conto, secondi dopo, che avevano sparato attraverso una recinzione  per animali in uno zoo. Secondo il sito web The Local, i cacciatori hanno chiamato il giardino zoologico e segnalato il loro errore. Hanno detto che i cani utilizzati per la caccia alle alci avevano trovato la traccia nel recinto del Polar Zoo e non avevano capito che stavano sparando all'interno dello zoo, situato nella Norvegia del Nord, vicino alla città di Narvik. Heinz Strathmann, amministratore delegato dello zoo, ha detto di essere incredulo. "Penso che quanto accaduto sia molto triste, e non va bene - ha aggiunto Strathmann a "The Local" -. Avevamo cinque alci, ora abbiamo solo tre ".
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Potremmo solo aggiungere: roba da cacciatori. (F.M.)

da "Qual adagietto" Blog di Franco Botta - 18 ottobre 2015




L'economista e i lupi




Franco Botta, economista presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Bari ed "aspirante giardiniere", affronta il rinnovato rapporto tra uomini e lupi. E dice cose sensate. 





Franco Botta
Forse dipenderà dal fatto che pure gli uomini ormai dedicano molto tempo al proprio corpo, curando il loro aspetto. Di maschi con una peluria estera, sia sul torace che sulle spalle, e naturalmente sulle braccia e sulle gambe, non se ne vedono più sulle spiagge. Il bisturi ha poi reso gentile il volto di tanti, eliminando quei tratti marcati che si notavano prima, e che a volte inquietavano le persone più sensibili. I dentisti hanno fatto i resto, sostituendo senza esitazioni le dentature troppo aggressive. Poi vi sono i profumi a fare la loro parte. Per tutte questa ragioni e per altre che non possiamo qui richiamare, da qualche tempo, non si hanno più notizie dei lupi mannari che prima, anche in Puglia, s’incontravano con una certa facilità.

Ad impensierire sono oggi invece i lupi (quelli normali) che sono tornati a predare, come segnalano in tanti. Il lupo è un animale protetto e i danni che procura sono risarciti. Molti di questi ultimi potrebbero essere evitati, almeno in parte, adottando quelle tecniche che erano in uso quando con il lupo si conviveva , e che il mio amico forestale consiglia di riprendere. Naturalmente la paura del lupo, non nasce certo oggi, come mostra bene Daniele Zovi, in Lupi e uomini (Terra Ferma edizioni). Potremmo superarla solo se riusciremo a non essere più succubi di leggende e ad avere pensieri ispirati dalla ragione e dalla conoscenza del mondo animale da noi accumulata.
Il lupo è prezioso per noi perché può contribuire a ricreare nei nostri territori quegli equilibri dell’eco-sistema che abbiamo distrutto per ingordigia e ignoranza. Dobbiamo essere disponibili a rivedere le idee che abbiamo ereditato, accettando che molte fiabe in uso, a cominciare da quella di Cappuccetto Rosso, siano riscritte. per finire, e non dobbiamo neppure pensare che gli uomini lupo siano scomparsi dalla Terra, solo perché non riuscito a riconoscerli con facilità dal loro aspetto e dal loro odore. I lupi mannari, come gli uomini malvagi, esistono purtroppo, e conviene tenerne conto.

da "A view from the bridge - Blog di www.nature.com" - 16 ottobre 2015 - di Barbara Kiser





L'etica della cattura con le reti per ricerca scientifica






Il fotografo e birdwatcher Todd Forsgren intervistato sul metodo di cattura degli uccelli selvatici per inanellamento e per misurazioni che arricchiscono la conoscenza scientifica finalizzata alla loro protezione.




Molti ornitologi usano reti per catturare brevemente gli uccelli per raccogliere dati chiave o inanellarli prima del rilascio. Il fotografo e birdwatcher Todd Forsgren ha trascorso anni di lavoro con i ricercatori per catturare con le immagini quei momenti, ora raccolti in "Ornithological Photographs" (Daylight Books ed.). Parla dell'etica dell'uso delle reti di cattura, della sfida nel fotografare i colibrì e dei prossimi progetti come fotografare l'impegno per salvare specie a rischio di estinzione.

Pensi che l'uso delle reti di cattura sia etico? 

Tordo usignolo testanera (Catharus mexicanus).
Foto: TODD FORSGREN
Lo penso. Nel momento in cui gli uccelli vengono intrappolati nella rete sembra pericoloso, ma è un contributo importante per la raccolta di dati incredibilmente preziosi per la conservazione. Ad alcune persone non piace come pratica, tuttavia vi è una bassa incidenza di mortalità. A mio parere l'uso delle reti è giustificato, tanto più che una recente ricerca suggerisce che gli episodi di lesioni sono piuttosto bassi a causa della vigilanza e della rigorosa formazione degli inanellatori. Sono esponenzialmente maggiori i danni provocati ogni anno da gatti negli spazi aperti o dagli uffici con le loro luci lasciate accese per tutta la notte durante le migrazioni ed ancora dal cambiamento climatico (per esempio, i dati del programma di monitoraggio North American Monitoring Avian Productivity and Survivorship - MAPS -, suggerisce che le popolazioni di uccelli nel loro complesso sono in declino, in media, dell'1,77 % l'anno). Sono molto orgoglioso di dire che ogni uccello ho fotografato è stato rilasciato dagli ornitologi con il codice "300", cioè che è volato via senza alcun danno apparente. Al contrario, John James Audubon e altri primi pittori ornitologici avrebbero sparato agli uccelli per catturarli per le loro opere.

Come fai a fare questi 'ritratti', e qual è il tuo preferito?

Fondamentalmente, creo molto rapidamente uno studio fotografico. Ho un panno bianco come sfondo che un assistente tiene dietro l'uccello e un flash con un softbox (accessorio riflettore/diffusore da applicare al flash, n.d.t.) su di esso per creare il giusto tipo di effetti di luce e per "congelare" il movimento degli uccelli. Tutti gli uccelli che ho fotografato sono stati catturati nel corso di ricerche scientifiche ed ho sempre seguito il giudizio dello scienziato: se una specie è troppo sensibile o un esemplare è stato in rete per troppo tempo, non lo fotografo. La mia immagine preferita è quella di un tucano solforato (Ramphastos sulfuratus); è la più mostrata delle immagini, è così colorato e carismatico. L'ho fotografato durante un secondo viaggio in Costa Rica, il mio secondo e ultimo
John James Audubon
Colino della Virginia e Poiana spallerosse - Studio ad acquerello

giorno; non siamo mai riusciti a fotografarne uno durante il primo viaggio. Da giovane, ho visto per la prima volta un Mangiavermi (Helmitheros vermivorum), era così vivace ed è sempre stata una specie importante per me. I Colibrì sono molto frustranti da fotografare perché la profondità di campo è più o meno solo un pollice e loro spesso svolazzano in giro per un bel po'. Devi lavorare molto velocemente. Così, i tre colibrì che ho fotografato sono anche molto speciali.


sabato 17 ottobre 2015

Nel Parco Nazionale del Pollino





Divieto di arrampicata contestato.

Ma le motivazioni per il provvedimento ci sono tutte. #2





Incredibile ma vero! Franco Zunino (Associazione Italiana per la Wilderness - A.I.W.) difende il provvedimento del Direttore del Parco che sospende temporaneamente le arrampicate sportive.





La scrivente Associazione, che in tante occasioni ha sentito il dovere statutario di avanzare critiche ad attività gestionali del Parco Nazionale del Pollino, al contrario di altre associazioni e/o interventi di ambientalisti e/o praticanti attività turistiche, ritiene, pur con alcune riserve, di elogiare quanto deciso dalle autorità del Parco in merito al provvedimento in oggetto, pur, forse, troppo affrettatamente preso.
La motivazione è giusta; forse è solo sbagliata l’emanazione così, di punto in bianco, prima ancora di aver deciso dove applicare i divieti; ma, forse proprio per questo, estesi a tutto il territorio del Parco. Che certi divieti siano sacrosanti in un Parco Nazionale la scrivente Associazione non può che riconoscerlo in quanto in linea con le proprie finalità e con la filosofia che persegue; per cui non sente il dovere di criticarli né tanto meno di condannarli chiedendone l’abrogazione: l’AIW li ha sempre auspicati per ogni area protetta che si rispetti. Tanto più che molti di questi divieti sono anche applicati in molte Aree Wilderness d’America. Consentire certi itinerari, certi sentieri, certe arrampicate, certe discese fluviali o in grotta, non significa dover permettere tutto ciò sempre ed ovunque. Si tratta di stabilire il dove, il come ed il quando. Ma certamente non può esistervi completa libertà di movimento ovunque; altrimenti si arriverebbe a consentire tutto. Est modus in rebus!
Un Parco deve avere il dovere, il potere ed il coraggio di dire NO quando le ragioni di difesa dei valori ambientali cui è preposto lo richiedono; il dovere, il potere ed il coraggio di dire Basta: fin qui sì, più in là no. Nelle lettere che si è avuto modo di leggere, pur nell’evidente tentativo di giustificare le passioni di chi le ha stilate, paiono piuttosto sottilmente indirizzata a giustificare il tutto, mentre non dovrebbe essere così. Mischiare poi la scoperta di specie, di siti, ecc. col diritto ad andare ovunque e sempre è un escamotage per dire voglio andare ovunque e sempre senza limitazioni, anche se disturbo l’aquila o l’orso: è tipico degli escursionisti e degli alpinisti del CAI e di ogni altro organismo a finalità turistica e/o escursionistica; ma è egoistico interesse. Il primo rispetto per le cose ed i luoghi che si amano si dimostra rinunciandovi, quando la presenza diventa un disturbo o un danno: accontentarsi di sapere che certi luoghi o certe cose esistono dovrebbe essere il primo punto di un ipotetico decalogo dell’escursionismo. Specie quando la Natura diventa non tanto un luogo da vedere e di cui godere emotivamente, quanto una palestra per soddisfare piaceri fisico-ludici. Ad esempio, i Navajos hanno da tempo proibito ogni arrampicata sui tanti torrioni della Monument Valley; sul famoso El Capitan della Yosemite Valley vigono precisi divieti per controllare le attività alpinistiche; nello Joshua Tree National Park tante arrampicate sono state da tempo proibite. Nello stesso pur grande e selvaggio Denali National Park hanno posto un limite al numero degli alpinisti che vogliono scalare la vetta del Monte Mc Kinley. Nel Grand Canyon è da anni che il rafting subisce limitazioni di varia natura. E così dicasi per i percorsi in mountain bike su sentieri ed itinerari di montagna al di fuori di strade e/o piste carrozzabili.
Gerardo Travaglio, Direttore del Parco Nazionale del Pollino
Ecco, nel caso che stiamo affrontando, le autorità del Parco del Pollino hanno forse ecceduto, ma non nel voler stabilire regole “talebane”, ma nell’aver deciso a priori di estendere il divieto ovunque con un’urgenza che certamente non ha senso per la maggior parte del Parco. Solo per questo sono da criticare. Per il principio adottato, per una volta tanto le autorità del Parco vanno lodate. Si dialoghi e si trovino i giusti compromessi, che però dovranno anche stabilire quando, dove e quanto essere severamente per il NO. Ed uno dei punti fermi dovrebbe essere il quantum, un altro il dove e il quando nel caso delle nidificazioni di uccelli rapaci o di tane di mammiferi sensbili; ma anche il MAI per certe aree a rischio usura per la roccia o il terreno o per la vegetazione, compreso l’utilizzo di chiodi e simili. D’altro canto, anche una politica di carring capacity andrebbe sempre applicata in gran parte delle aree selvagge dei nostri Parchi, sia per il rispetto delle esigenze della Natura, sia per quelle degli stessi visitatori. Perché solo un numero chiuso può consentire una certa liberalizzazione delle attività.
Giustificare la propria presenza con la presunzione di essere rispettosi (asserzione che è una classica dichiarazione autoassolvente per tutti gli amanti della montagna!), non regge, se a stabilirlo sono gli interessati. Chi deve stabilirlo è un soggetto terzo tra fruitori e Natura: e può esserlo solo l’ente gestore di un’area protetta, che ne ha il mandato giudiziario. Che non si arrivi a ritenere l’apertura di cave, un atto di “valorizzazione” della Natura, solo perché scavandole si scoprono tracce geologiche altrimenti non visibili e quindi non studiabili (ci fu chi lo sostenne!). Ma questo non è conservazione della natura: è attività di studio, ed in un’area protetta anch’esse vanno disciplinate, anche severamente (in molti Parchi americani istituiti per proteggere giacimenti paleontologici è severamente proibito continuare a scavare ovunque; e così l’esplorazione di grotte).
Non si può, da un lato ammirare il concetto delle riserve integrali e pretenderne sempre di nuove, e poi criticarle quando i loro vincoli impediscono il ludico egoistico godimento di chi le vorrebbe liberamente violare! Nella difesa della bellezza e nell’apprezzamento della Natura, la rinuncia è la prima forma di rispetto: perché solo così si rispettano i diritti della Natura, la quale notoriamente non può difendersi o avvalersi di giudici per assicurarseli (i diritti): suoi giudici siamo noi o, meglio, dovremmo essere noi. Il Parco del Pollino in questo caso si è erto a giudice per la Natura; rispettiamo la sua decisione e collaboriamo a trovare la soluzione migliore che accontenti tutti, ma sempre con un occhio di riguardo ALLA NATURA prima che ai nostri ludici egoistici piaceri.

Franco Zunino - Direttore Gen. A.I.W.

Nel Parco Nazionale del Pollino




Divieto di arrampicata contestato.

Ma le motivazioni per il provvedimento ci sono tutte. #1





Il Direttore del più grande Parco Nazionale d'Italia ha disposto, con una semplice nota, che in tutto il territorio dell'area naturale protetta non si possano più effettuare attività di arrampicata su roccia. Forse il metodo non è dei più ortodossi, ma la tutela di importanti specie di uccelli rupicoli è prioritaria.





Il Direttore del Parco Nazionale del Pollino, Gerardo Travaglio, con nota n. 10577 del 5 ottobre 2015, ha disposto temporaneamente il divieto di arrampicata sportiva e alpinismo nel territorio
del Parco stesso, per la salvaguardia delle specie rupicole, vegetali e animali, che possono essere minacciate da tali attività sportive. Per questo motivo, le associazioni Altura – Calabria, LIPU Calabria e Stazione Ornitologica Calabrese, impegnate da tempo nella tutela dell’avifauna selvatica, hanno messo in evidenza, tramite loro rappresentanti, che il Parco Nazionale del Pollino, compreso nella zona ZPS (Zona di Protezione Speciale, ai sensi della Direttiva 79/409/CE “Uccelli”), ospita diverse specie di uccelli legate per la riproduzione alle pareti rocciose. Si tratta di esemplari, tra i quali l’avvoltoio grifone, l’Aquila reale, il Falco pellegrino, il Gufo reale, il Lanario e il Capovaccaio, ormai rari nel settore meridionale della penisola, per difficoltà di nidificazione e riproduzione. La
presenza umana, infatti può spaventare gli uccelli adulti che mancano di condurre le prede al nido, e anche i nidiacei più giovani che si vedono costretti a tentare l’involo dal nido prima del tempo, trovando la morte. Un Parco Nazionale trova la sua ragione d'esistere nella tutela del patrimonio di biodiversità presente al suo interno, pertanto scalate e arrampicate, in
quanto causa del fallimento della riproduzione di specie rupicole, necessitano
di una regolamentazione, anche in base al Decreto del 17 ottobre 2007 sui “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)”.
Non è però pensabile che tali attività sportive possano venire vietate in tutto il Parco, pertanto la richiesta delle associazioni ambientaliste agli organi dell’Ente Parco è che alla nota del Direttore Travaglio faccia seguito un accordo tra enti e istituti interessati alle arrampicate ed escursioni, per
redigere un provvedimento contenente l’elenco dei siti in cui svolgere tali attività sportive senza recar danno alle specie selvatiche rare.

da "Il Messaggero - ed. Rieti" - 17 ottobre 2015





Ecco che cosa succede "spingendo" la caccia ai cinghiali





Soluzioni affrettate contro l"emergenza cinghiali" e disorganizzazione delle strutture sanitarie veterinarie, rischiano di mettere a repentaglio la salute pubblica.







Oltremanica



Il Governo inglese nomina i propri rappresentanti

nei Parchi Nazionali





Pubblicato dall'Ufficio di Gabinetto del Segretario di Stato per l'Ambiente e dal Centro per le nomine pubbliche, il bando per selezionare i rappresentanti del Governo di Sua Maestà in sette aree naturali protette. Trasparenza e competenza, sono inglesi!





L'area Broads in Inghilterra
I membri di nomina del Segretario di Stato per l'Ambiente hanno la responsabilità primaria di assicurare che l'Autorità di gestione del Parco Nazionale promuova le finalità statutarie del Parco. In tal modo, essi dovrebbero ricordare all'Autorità del Parco Nazionale i suoi più ampi doveri socio-economici tra cui quelli di cui al punto 2 (4) della legge del 1988 per le Broads Authority (Autorità di gestione delle zone umide e dei corsi d'acqua protetti n.d.t.). Il componente di nomina del Segretario di Stato deve assicurarsi che l'Autorità raggiunga gli obiettivi nel miglior modo possibile per le peculiarità del Parco Nazionale. I membri sono tenuti a conseguire una governance efficiente, efficace e responsabile dell'Autorità nel migliore interesse del Parco Nazionale.

Per saperne di più: http://ht.ly/TqSDT 

venerdì 16 ottobre 2015

da "L'espresso" - 16 ottobre 2015 - di Massimo Riva




Anche a sinistra buon senso verso la ricerca biogenetica





In un articolo sul settimanale del gruppo di De Benedetti, l'editorialista Massimo Riva si schiera a favore della ricerca scientifica in campo biotecnologico ed a favore degli OGM.





da "Il Foglio" - 16 ottobre 2015 - di Tatiana Boutourline





Iran - L'agonia del lago di Orumieh (Urmia) - #3






Uno dei più grandi laghi salati del pianeta agonizzante per la follia del regime degli ayatollah iraniani. Un ottimo e lungo articolo del quotidiano fondato da Giuliano Ferrara e diretto da Claudio Cerasa.







da "Il Foglio" - 16 ottobre 2015 - di Tatiana Boutourline




Iran - L'agonia del lago di Orumieh (Urmia) - #2





Uno dei più grandi laghi salati del pianeta agonizzante per la follia del regime degli ayatollah iraniani. Un ottimo e lungo articolo del quotidiano fondato da Giuliano Ferrara e diretto da Claudio Cerasa.







da "Il Foglio" - 16 ottobre 2015 - di Tatiana Boutourline




Iran - L'agonia del lago di Orumieh (Urmia) - #1





Uno dei più grandi laghi salati del pianeta agonizzante per la follia del regime degli ayatollah iraniani. Un ottimo e lungo articolo del quotidiano fondato da Giuliano Ferrara.






giovedì 15 ottobre 2015

Il "mitico" National Park Service compie 100 anni





La migliore idea americana a suon di rap






L'agenzia che governa il sistema dei Parchi Nazionali negli Stati Uniti promuove una campagna per il suo centenario con un bellissimo video musicale realizzato da un gruppo di giovani (YAP - Youth Ambassador Program)) in sette Parchi situati in quattro Stati dell'Unione. Enjoy! 






da "Gazzettino Friuli" - 15 ottobre 2015





Il lungo volo di Kronos





Un esemplare di grifone rilasciato in Friuli, nella Riserva Naturale Regionale del lago di Cornino, atterra in Corsica dopo che la radio satellitare installata sul dorso dell'animale aveva smesso di dare segnali.







da "La Nuova Sardegna" 15 ottobre 2015




Cinghiali: in Sardegna nuove regole sanitarie per il prelievo venatorio. Altre Regioni dormono (Puglia compresa).




L'unica forma di caccia consentita è quella della "compagnia di caccia". Ma il provvedimento non è del settore caccia ma di quello sanitario per l'eradicazione della peste suina. La questione, però, non è compresa in gran parte d'Italia.





da "'l'Astrolabio - Newsletter Amici della Terra" - 15 ottobre 2015 -

di Ettore Barbagallo e Carlo Foderà




Parliamo di paesaggio





Il 20 ottobre del 2000 venne aperta alla firma, a Firenze, la Convenzione Europea sul Paesaggio. L’Italia, che ospitava l’evento, fu ovviamente tra i diciotto paesi che già in quella prima giornata sottoscrissero il trattato. Ad essi se ne sono aggiunti successivamente altri, sino ad arrivare al numero attuale di quaranta sottoscrittori, sui quarantasette Stati membri del Consiglio d’Europa. Tra le assenza di rilievo, quelle della Russia, della Germania e dell’Austria.

La tempestività della firma del trattato da parte italiana non fu però prodromo di un seguito altrettanto rapido. Furono infatti necessari oltre cinque anni affinché la Convenzione venisse ratificata, con la legge 9 gennaio 2006, n. 14. Né, soprattutto, si può affermareche l’attuazione dei principi della Convenzione sia stata più pronta, dal momento che, a quindici anni da quella sottoscrizione, la strada da fare appare ancora lunga. D’altra parte, ben più lunga è l’attesa, che a tutt’oggi si protrae, dell’effettiva attuazione della Costituzione, che, all’articolo 9, pone il paesaggio tra i beni che la Repubblica è chiamata a tutelare, al pari del patrimonio storico e artistico della Nazione, una tutela che è stata sin qui interpretata, anche concettualmente, in modo quanto meno riduttivo.

Nei prossimi numeri, l’Astrolabio intende dedicare una più approfondita riflessione sui temi del paesaggio. Qui di seguito pubblichiamo una breve informativa, predisposta da Ettore Barbagallo, Presidente di Amici della Terra Sicilia, e da Carlo Foderà, Consigliere nazionale dell’Associazione, sulle iniziative che, proprio in occasione della ricorrenza della firma della Convenzione, gli Amici della Terra hanno avviato in Sicilia, una regione che, per quei temi, può sicuramente essere considerata emblematica. Altre iniziative, in fase di studio, faranno del paesaggio un tema di rilievo delle attività associative.


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Il 20 ottobre 2015 ricorre il 15° anniversario della sottoscrizione della Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 20 ottobre 2000). Per l’occasione, Amici della Terra ha avviato in Sicilia una serie di iniziative di studio, di approfondimento e di sensibilizzazione per mettere in risalto l’importanza fondamentale del paesaggio ai fini della tutela e della valorizzazione del grande patrimonio storico, ambientale, artistico, culturale e delle caratteristiche naturali e antropiche uniche che l’isola possiede.

Diverse sono le azioni sulle quali si sta lavorando: dalla promozione di una “Giornata del paesaggio siciliano” da istituire nella Regione, alla proposta di iscrivere la Regione Sicilia alla rete europea per l’attuazione della Convenzione Europea sul Paesaggio; all’organizzazione dell’incontro-convegno “Sicily Landscape Day”, all’istituzione del concorso fotografico “Paesaggi di Sicilia”,alla creazione di un osservatorio dei paesaggi siciliani.

Dell’istituzione della “Giornata del paesaggio siciliano” e dell’iscrizione alla rete europea per l’attuazione della Convenzione, gli autori di questa nota hanno avuto modo di discutere, il 23 settembre scorso, nel corso di un’audizione innanzi alla Commissione competente dell’Assemblea Regionale Siciliana. Entrambe le proposte hanno suscitato un notevole interesse da parte dei parlamentari regionali, tanto da far senz’altro sperare in un esito positivo, in particolare per quanto attiene all’istituzione della Giornata del paesaggio, più immediatamente legata a una decisione della Regione.

Le due proposte sono tra i principali temi dell’incontro-convegno “Sicily Landscape Day”. L’evento, organizzato dagli Amici della Terra Sicilia, si terrà tra qualche giorno, nella data simbolicamente scelta del 20 ottobre, in un antico monastero restaurato, all’interno del Parco dell’Etna, a Nicolosi. In quella occasione si svolgerà anche la fase finale del concorso fotografico “Paesaggi di Sicilia”, i cui vincitori, dopo una selezione online, verranno decretati da una giuria specializzata. Non sono peraltro previsti premi materiali, a parte la consegna di targhe ricordo, in quanto l’iniziativa è unicamente intesa ad incrementare la consapevolezza delle bellezze paesaggistiche siciliane.

Infine, la creazione di un osservatorio dei paesaggi di Sicilia, il primo della Regione, per il quale si sta cercando, con fondate speranze di successo, una collocazione adeguata ad Erice.

La funzione principale dell’Osservatorio sarà la promozione della conoscenza del paesaggio all'interno della società, creando una maggiore consapevolezza dell'importanza della sua tutela e della sua valorizzazione. Ciò avverrebbe attraverso attività di sensibilizzazione e partecipazione che coinvolgano enti, istituzioni pubbliche e private, al fine di promuovere ed elaborare forme di protezione, gestione e pianificazione del paesaggio. Concepito sia come organo di consulenza del Governo regionale e degli Enti Locali, sia come centro di eccellenza per lo studio e il monitoraggio dei paesaggi siciliani, l’Osservatorio si propone come punto d'incontro tra l’associazionismo, il mondo scientifico e i responsabili della pianificazione territoriale.

Queste, in sintesi, le iniziative già assunte. Ma si tratta dell’avvio di un percorso che non si esaurisce con esse e che dovrà invece proseguire, diventando un argomento centrale delle nostre attività.

Nell’impostazione della Convenzione europea, il paesaggio ha un significato ampio, che comprende aspetti e tematiche diverse, dalla gestione del territorio, alla tutela dell’ambiente, fino alla valorizzazione e conservazione della cultura e della storia locali. Ed è importante che questa accezione divenga patrimonio delle istituzioni, delle amministrazioni, delle comunità.

In Sicilia, tale esigenza assume un rilievo del tutto particolare, per i forti fattori di rischio presenti, per la necessità di recuperare e mitigare i danni già prodotti, per le elevatissime potenzialità di sviluppo sociale, economico, culturale, legate al paesaggio, che sicuramente caratterizzano l’isola.